Siamo presenti in Swaziland (dal 2018 Regno di eSwaini) dal 1998. Da allora abbiamo contribuito alla creazione dello Shewula Mountain Camp, unica esperienza nel Paese di turismo culturale e naturalistico gestito da una comunità rurale, e alla realizzazione di progetti pilota di agricoltura sostenibile centrati sul recupero delle colture locali, sull’impiego di fertilizzanti organici e bio-pesticidi. Abbiamo insieme prima anticipato, poi sostenuto politiche e programmi innovativi di decentramento a livello comunitario dei servizi di prevenzione, trattamento, cura e supporto contro l’HIV/AIDS, nel Paese con la più alta incidenza nel mondo di persone colpite dal virus, il 26% della popolazione adulta: contribuendo in questo modo agli ottimi risultati raggiunti su questo terreno dallo Swaziland, oggi fra i primi tre Paesi africani per la diffusione della terapia anti-retrovirale (circa 70% di accesso) e per prevenzione della trasmissione materno-infantile del virus HIV (oltre il 90% di copertura).
Oggi il nostro lavoro nel Regno continua, con progetti che ci vedono impegnati sulla gestione sostenibile delle risorse naturali da cui dipende la vita ed il futuro delle comunità rurali, la conversione agroecologica, l’ecoturismo, i diritti umani, i diritti delle donne e delle persone HIV positive.
Con un’estensione di 17.364 chilometri quadrati, ed una popolazione di circa 950.000 abitanti, il Regno di eSwaini, è il più piccolo stato dell’Africa Australe. Classificato tra i Paesi a reddito medio-basso, è caratterizzato da forti squilibri interni, in particolare tra aree urbani e rurali. In queste ultime si concentra il 76% della popolazione con poco più del 20% del reddito nazionale disponibile.
Il Regno è anche l’ultima monarchia tradizionale dell’Africa Sub-Sahariana, e uno dei rari esempi di stati-nazione africani costruiti in epoca pre-coloniale. Una monarchia tuttora fondata sulla difficile ricerca di un equilibrio fra sistema tradizionale africano e sistema moderno costituzionale, che lascia irrisolti nodi importanti rispetto al bilancio dei poteri, all’accesso pieno ai diritti e alla partecipazione democratica. L’economia ha i suoi punti di forza nell’agro-industria, in particolare nella produzione di canna da zucchero e di legname, settore largamente controllato da imprese estere (prevalentemente sudafricane), e i cui profitti avvantaggiano leélite interne legate alla famiglia reale. Oggi il Paese attraversa uno dei momenti più tesi e difficili della sua storia post-coloniale, determinato da una situazione di crescente crisi economica aggravata dall’impatto devastante sul piano sociale dell’epidemia di AIDS, che ha ridotto in pochi anni l’aspettativa di vita da 64 a 37 anni, lasciando vuoti enormi nella generazione più produttiva (fra i 20 ed i 50 anni), e creando un numero altissimo di orfani (oltre 80.000). Dal piano economico e sociale la crisi investe sempre di più quello politico, estendendo a fasce sempre più ampie di popolazione – soprattutto in area urbana – la richiesta di maggiore democrazia, e mettendo in discussione forse per la prima volta l’autorità indiscussa del Re e gli enormi privilegi concessi alla casta sviluppatasi intorno alla foltissima famiglia reale.
Siamo presenti in Swaziland (dal 2018 Regno di eSwaini) dal 1998. Da allora abbiamo contribuito alla creazione dello Shewula Mountain Camp, unica esperienza nel Paese di turismo culturale e naturalistico gestito da una comunità rurale, e alla realizzazione di progetti pilota di agricoltura sostenibile centrati sul recupero delle colture locali, sull’impiego di fertilizzanti organici e bio-pesticidi. Abbiamo insieme prima anticipato, poi sostenuto politiche e programmi innovativi di decentramento a livello comunitario dei servizi di prevenzione, trattamento, cura e supporto contro l’HIV/AIDS, nel Paese con la più alta incidenza nel mondo di persone colpite dal virus, il 26% della popolazione adulta: contribuendo in questo modo agli ottimi risultati raggiunti su questo terreno dallo Swaziland, oggi fra i primi tre Paesi africani per la diffusione della terapia anti-retrovirale (circa 70% di accesso) e per prevenzione della trasmissione materno-infantile del virus HIV (oltre il 90% di copertura).
Oggi il nostro lavoro nel Regno continua, con progetti che ci vedono impegnati sulla gestione sostenibile delle risorse naturali da cui dipende la vita ed il futuro delle comunità rurali, la conversione agroecologica, l’ecoturismo, i diritti umani, i diritti delle donne e delle persone HIV positive.
Con un’estensione di 17.364 chilometri quadrati, ed una popolazione di circa 950.000 abitanti, il Regno di eSwaini, è il più piccolo stato dell’Africa Australe. Classificato tra i Paesi a reddito medio-basso, è caratterizzato da forti squilibri interni, in particolare tra aree urbani e rurali. In queste ultime si concentra il 76% della popolazione con poco più del 20% del reddito nazionale disponibile.
Il Regno è anche l’ultima monarchia tradizionale dell’Africa Sub-Sahariana, e uno dei rari esempi di stati-nazione africani costruiti in epoca pre-coloniale. Una monarchia tuttora fondata sulla difficile ricerca di un equilibrio fra sistema tradizionale africano e sistema moderno costituzionale, che lascia irrisolti nodi importanti rispetto al bilancio dei poteri, all’accesso pieno ai diritti e alla partecipazione democratica. L’economia ha i suoi punti di forza nell’agro-industria, in particolare nella produzione di canna da zucchero e di legname, settore largamente controllato da imprese estere (prevalentemente sudafricane), e i cui profitti avvantaggiano leélite interne legate alla famiglia reale. Oggi il Paese attraversa uno dei momenti più tesi e difficili della sua storia post-coloniale, determinato da una situazione di crescente crisi economica aggravata dall’impatto devastante sul piano sociale dell’epidemia di AIDS, che ha ridotto in pochi anni l’aspettativa di vita da 64 a 37 anni, lasciando vuoti enormi nella generazione più produttiva (fra i 20 ed i 50 anni), e creando un numero altissimo di orfani (oltre 80.000). Dal piano economico e sociale la crisi investe sempre di più quello politico, estendendo a fasce sempre più ampie di popolazione – soprattutto in area urbana – la richiesta di maggiore democrazia, e mettendo in discussione forse per la prima volta l’autorità indiscussa del Re e gli enormi privilegi concessi alla casta sviluppatasi intorno alla foltissima famiglia reale.