La nostra storia in Niger è lunga e anche tragica. È qui che nel 1994 ha infatti perso la vita, in un incidente stradale, la fondatrice e all’epoca presidentessa di COSPE Luciana Sassatelli, insieme a due colleghi nigerini. Da allora il legame con il Paese, che dura ormai da 25 anni, si è ulteriormente rafforzato.
Qui abbiamo sempre lavorato a sostegno delle associazioni contadine, come il “Coordinamento Nazionale della Piattaforma contadina del Niger”, sia dal punto di vista dell’assistenza tecnica alla produzione e alla gestione delle risorse naturali, che dal punto di vista politico, sostenendone l’organizzazione e la rappresentanza a livello istituzionale. Oggi il presidente di ROPPA (Réseau des Organisations Paysannes et des Producteurs de l’Afrique de l’Ouest – Rete delle Organizzazioni Contadine e dei Produttori dell’Africa Occidentale), che riunisce piattaforme nazionali presenti in 12 Paesi dell’Africa e rappresenta 50 milioni di contadini, è il nigerino Djibo Bagna: si può finalmente dire che il lungo lavoro fatto su questi fronti sia stato proficuo.
È invece sul fronte della sovranità alimentare e sul migliore utilizzo delle risorse naturali che si concentra ancora il nostro impegno: il Niger, tipico Paese saheliano caratterizzato da ampie zone desertiche, elevate temperature e scarse precipitazioni, è uno degli Stati più poveri al mondo con il 60% della popolazione che vive sotto la soglia di povertà, un tasso di analfabetismo che sfiora l’85% e un’aspettativa di vita di 45 anni. L’ostilità dell’ambiente esterno, la carenza di risorse disponibili e il loro sfruttamento intensivo, oltre all’instabilità politica che condiziona il Paese dagli anni Settanta in poi (tra focolai di resistenza Tuareg che tornano ad accendersi ciclicamente, colpi di Stato e governi di transizione, l’ultimo dei quali nel 2010) rendono il Niger un Paese vittima di frequenti crisi alimentari e carestie. Fenomeni che purtroppo tendono a cronicizzarsi.
I nostri interventi non sono però mai stati emergenziali, ma piuttosto di supporto alle dinamiche locali con lo scopo di aiutare le famiglie dei contadini ad affrontare i periodi di crisi: grazie, ad esempio, a progetti di diversificazione economica rispetto all’agricoltura, come pesca, allevamento, orticultura, oppure attraverso la realizzazione di banche dei cereali per lo stoccaggio di grano e miglio nel periodo di raccolto in previsione della siccità.
Questo permette di rivedere a prezzi equi e stabiliti dalle stesse comunità stock di raccolto anche nei periodi di emergenza e carestia, quando i prezzi sul mercato salgono alle stelle e lasciano la popolazione nella fame. Sono circa 40 le banche dei cereali costruite negli anni da COSPE, soprattutto grazie alla campagna “Granai del Niger” (2006-2010) sostenuta da NaturaSì. Attualmente ne beneficiano circa 400.000 abitanti delle comunità nigerine della regione di Tahoua.
Al momento in Niger lavoriamo con il progetto “Terre et paix”, che coinvolge anche Mali e Senegal con l’obiettivo di contribuire alla coesione sociale e alla prevenzione delle crisi nelle aree di intervento attraverso l’integrazione professionale dei giovani emarginati nelle aree rurali, oltre a promuovere il loro accesso alla terre e l’agro-ecologia, come strategia di prevenzione dei conflitti e di stabilizzazione della pace.
Il nostro lavoro è stato inoltre incentrato sulla partecipazione e il sostegno al decentramento istituzionale, con particolare focus sulla partecipazione femminile. Il Niger ha avviato il processo di democrazia a partire dagli anni Novanta e, successivamente, ha adottato una politica di decentramento a tre livelli (regione, dipartimento e comune). Nonostante questa nuova fase, l’esercizio dei diritti fondamentali da parte delle donne è ancora parziale: vi è una bassa percentuale di votazioni per la popolazione femminile, scarsa rappresentanza delle donne candidate alle elezioni, vulnerabilità delle donne elette rispetto agli uomini eletti.
Le donne nigerine hanno ancora enormi difficoltà nel far rispettare i loro diritti civili e politici (a causa di ordini religiosi, tradizionali e socio-culturali) oltre alla quasi impossibilità di accedere alle informazioni sui loro diritti e doveri politici. Uno degli aspetti positivi del patrimonio culturale di queste comunità è senza dubbio il sostegno sociale; purtroppo non possiamo dire lo stesso sul trattamento che viene riservato alle donne: classificazione e differenziazione sociale, mutilazioni sessuali e matrimoni forzati.