Riso e fagioli, ma tanto di più

Al tavolo di un brasiliano riso e fagioli generalmente non possono mancare. Durante l´ultima visita che abbiamo organizzato in Italia nell’ambito del Progetto “Terra de Direitos”, il rappresentante delle comunità quilombolas della Bacia e Vale do Iguape non riusciva proprio ad accettare che la carne venisse servita senza riso. È incredibile la saudade che i brasiliani provano per un piatto di riso in bianco e fagioli accompagnati da una bistecchina, stracotta per di più. Credo di subire la sensazione contraria quando, per viaggi di lavoro, passo più giorni nell’entroterra del Paese e per assenza di scelta sono costretta ad arrendermi al quotidiano riso+fagioli+carne.

Oltre a questa ricetta “giornaliera”, esistono centinaia di piatti differenti, a base di carne o pesce, e un,abbondanza di verdure e prodotti per sbizzarirsi in cucina. Farofa, quiabo, chuchu, taioba, inhame…: quest’ultimo, un tubero, riesce addirittura a sostituire la panna da cucina se frullato insieme all’acqua.

Insomma, una ricca varietà di materie prime. Ottimo per una come me che non ama mangiare fuori.

Adoro cucinare (lo scrivo perché mio marito non leggerà questo post e non potrà smentirmi!) e mi diletto a creare piatti con un mix tra cucina italiana e brasiliana. Come la carbonara con la salsiccia, il pesto con gli anacardi o la lasagna di palmitos.

Vivere tanti anni fuori dall’Italia per me ha significato perdere letteralmente quella rigidità che abbiamo in cucina. Accostamenti “fissi” dell’aglio e della cipolla con determinati piatti? Ma no, si usa tutto insieme e in quantità. D’altro canto, non ho aderito totalmente alle usanze locali. Va benissimo mangiare con una sola portata, abbinando pasta, carne e verdure; ma, per favore, non chiedetemi di mischiare tutto quanto trasformando il mio piatto in una poltiglia! Dunque riscopro un’altra virtù del riso: è fondamentale per costruire nel piatto un muro di separazione tra i vari cibi con sughetti che altrimenti si contaminerebbero mescolandosi.

Ammetto che la cucina italo-brasiliana mi soddisfa pienamente, specialmente considerando che sono celiaca. Il riso che sostituisce il pane, i fagioli essenzialmente gluten free, la mandioca che si trasforma nella tapioca (una sorta di piadina – romagnoli non me ne volete!), rituale della mia colazione, che è possibile trovare facilmente anche per strada. E parlando della colazione non posso non citare una tradizione che mi segue: il gioddu, il latte fermentato che faceva mia nonna! Anche se, come potete immaginare, in Brasile non riesco a trovare latte delle pecore o delle capre sarde. Non ancora!

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Martina

Martina Molinu, trentunenne quasi trentaduenne, nasce in provincia di Firenze, nelle colline del Valdarno. Fino ai 19 anni resta fedele al piccolo paesino di Gaville, poco più di trecento abitanti, più pecore sicuramente che abitanti, dove impara il valore di un buon pomodoro colto dalla pianta o di una santa fettunta con l’olio del proprio giardino! Studia Scienze Internazionali e Diplomatiche un po’ a Forlì, un po’ a Berlino e un po’ a Rio de Janeiro, quando inizia la sua avventura brasiliana. A 24 anni comincia quindi a dividersi tra l’Italia, nei rincontri con la famiglia sardo-toscana, la Spagna, dove vive la cara sorellina con i bellissimi nipotini, e il Brasile, il Paese della sua nuova famiglia. Nonostante anche COSPE sia di origini toscane, la collaborazione nasce in Brasile, con uno stage nel 2012 che poco a poco si trasforma in una matura collaborazione. Attualmente è Responsabile Paese e Coordinatrice di Progetti e considera un privilegio poter tornare “a casa”, sperimentando anche cosa significhi lavorare in Italia.

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