Un quartiere di casette colorate

Quando nel 2009 sono arrivata in Brasile per un anno di intercambio universitario presso l’Università Federale di Rio de Janeiro, i grandi palazzi di Ipanema mi avevano lasciata un po’ perplessa. Ho iniziato a trovare la mia dimensione solo quando ho visitato il quartiere di Santa Teresa, dove oggi vivo. Santa Teresa è un quartiere bucolico, casette colorate, alcune in stile coloniale, estese comunità favelas e una ricca vegetazione raccontano la storia brasiliana e ci ricordano sempre che siamo ai tropici. Qui, inoltre, la quotidianità è quella di un piccolo paesino, con relazioni di prossimità con i vicini, con discussioni comunitarie sulle necessità del quartiere: per strada ci diamo il bom dia e non è cosa da poco in una grande città. È sempre con allegria che la mattina ascoltiamo il campanello della bicicletta del signore che vende il pane, le urla della signora che vende materiali di pulizia e chi più ne ha più ne metta!

D’altro canto, Santa Teresa è anche un quartiere molto turistico e ciò determina che alcuni locali sono per chi cerca una feijoada, una moqueca oppure souvenir, mentre altri bar e ristoranti sono invece ancora accessibili per chi qua ci vive. Una delle grandi novità degli ultimi tempi è stata l’apertura di un ristorante gestito dal movimento sociale dei piccoli agricoltori, MPA, che senza dubbio riflette il profilo di chi sceglie di vivere a Santa Teresa: artisti, attivisti, persone che guardano in modo critico allo sviluppo e a uno stile di vita sostenibile. E sicuramente persone che non si lasciano intimorire dalle salite e dalle scalinate che dobbiamo percorrere per arrivare nel nostro quartiere, poco dotato di trasporto pubblico!

La sicurezza, invece, è un bel tallone di Achille! Direi piuttosto la mancanza di sicurezza condiziona qualsiasi movimento, in questo quartiere, in questa città e in tutto il resto del Brasile. Purtroppo è frequente sentire le urla di chi viene derubato per strada, anche proprio davanti al tuo portone. La crisi politica ed economica che il Paese sta affrontando ha provocato un forte aumento della criminalità a mano armata che non risparmia nessun angolo della città. Purtroppo non solo viviamo un momento difficile per la sicurezza ma ciò aumenta il discorso razzista e intollerante di una parte della popolazione: senza dubbio, più delle urla di un assalto, quello che preoccupa è ascoltare la sentenza del “Bandido bom è bandido morto”.

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Martina

Martina Molinu, trentunenne quasi trentaduenne, nasce in provincia di Firenze, nelle colline del Valdarno. Fino ai 19 anni resta fedele al piccolo paesino di Gaville, poco più di trecento abitanti, più pecore sicuramente che abitanti, dove impara il valore di un buon pomodoro colto dalla pianta o di una santa fettunta con l’olio del proprio giardino! Studia Scienze Internazionali e Diplomatiche un po’ a Forlì, un po’ a Berlino e un po’ a Rio de Janeiro, quando inizia la sua avventura brasiliana. A 24 anni comincia quindi a dividersi tra l’Italia, nei rincontri con la famiglia sardo-toscana, la Spagna, dove vive la cara sorellina con i bellissimi nipotini, e il Brasile, il Paese della sua nuova famiglia. Nonostante anche COSPE sia di origini toscane, la collaborazione nasce in Brasile, con uno stage nel 2012 che poco a poco si trasforma in una matura collaborazione. Attualmente è Responsabile Paese e Coordinatrice di Progetti e considera un privilegio poter tornare “a casa”, sperimentando anche cosa significhi lavorare in Italia.

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