A pranzo… Sì, ma a che ora?

Strampalato il Paese, strampalati i pasti, naturalmente. Al Cairo si mangia sempre, è impensabile non riuscire a mangiare qualsiasi cosa a qualsiasi ora e in qualsiasi situazione. Gli egiziani, di solito, prima iniziano la giornata e poi fanno colazione, prima o durante il lavoro, tra le sette del mattino e le due del pomeriggio: eh sì, il mattino è una questione di prospettiva. Diciamo che un orario decente, in cui si può essere sicuri della ricettività del nostro interlocutore, è più o meno alle 11.

Il pranzo invece è un momento che solitamente si svolge a casa, nel pomeriggio tra le 5 e le 7. I superstiti stranieri che ancora combattono per il pranzo tra le 12 e le 13 diminuiscono giorno per giorno, inesorabilmente. Per pranzo si troverà sempre un pasto molto abbondante, che prevede zuppa, probabilmente un primo piatto, e immancabilmente pollo o carne, contorni vari dove padroneggia l’insalata, anche lei immancabile. A dispetto di quello che si potrebbe pensare, il pranzo però è il secondo pasto più importante della giornata.

La colazione infatti, che quantitativamente inganna, in termini di efficacia-efficienza ti sistema per un’intera giornata se non per due: fave bollite per ore e ore arricchite di pomodori, cipolle, tehina e olio, a seconda dell’area geografica; felafel, qui chiamati taameyya, ancora fave bollite per non si sa quanto, impastate e fritte in calderoni d’olio; pomodori, cetrioli, rucola, uova, melanzane, anche queste che differiscono per condimento a seconda dell’area; molto spesso c’è anche del formaggio, pane, tè o caffè. La colazione, se non fatta a casa, si compra per strada o la si ordina comodamente. Bisogna prestare molta attenzione a dove la si acquista, differenti prezzi corrispondono a diverse capacità digestive. Mentre per un purosangue egiziano comperare le fave bollite, il ful, da un carretto per strada non presenta particolari rischi, uno stomaco delicato e non abituato a smaltire litri di olio utilizzato infinite volte può trovare la sua colazione nei nuovissimi oriental restaurants della capitale, ancora a un prezzo modico, ma non troppo.

Di pasti veloci ed economici se ne possono fare diversi durante tutta la giornata. Uno dei più popolari è il koshary, pasta con un sughetto di pomodori, cipolla e aglio, a volte servito con lenticchie. Un’altra opzione è una shawerma, in Italia è arrivata con i turchi, che la chiamano kebab: un sandwich con pollo o carne a cui si possono aggiungere diverse verdure e salse. In questi anni spopola in Egitto la shawerma siriana, specialmente in zone come quella dove vivo io, 6th of October, dove i siriani cominciarono ad arrivare e a stabilirsi durante i primi anni del conflitto in Siria. La shawerma è avvolta dal pane tipico arabo ed è servita con salsa d’aglio, non un incentivo alla socializzazione ma sicuramente da provare.

Se proprio non si trova appagamento, i supermercati rappresentano un’altra opportunità: al Cairo si può far spesa anche alle 4 del mattino, no excuses per gli stakanovisti che non trovano mai tempo per riempire il frigo…

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Giuliana

Giuliana Sardo, trentaduenne meridionale appassionata di cene tra amici, nasce a Capua, cittadina ridente del casertano. Fino all’età di 18 anni vive nel piccolo paese di Pignataro Maggiore, 6000 anime circa, di cui un’importante parte 0ver70, e quindi decide di trasferirsi a Roma per frequestare l’Università, per potersi laureare in arabo, affascinata da una lingua e una cultura che non avevano in realtà mai fatto parte della sua vita. La sua famiglia è molto numerosa, secondo i frenetici ritmi meridionali di un tempo: due sorelle maggiori e un fratello minore, sparsi per l'Italia e con già un po’ di nipoti. I genitori invece sono rimasti al paese e vivono con la sua adorata nonna, compagna di viaggi e prima tra tutti a spronare e sostenere Giuliana per qualsiasi scelta ‘bizzarra” o “non usuale”. Lei è stata sempre la sua migliore amica. Giuliana visita l’Egitto per la prima volta nel 2007, per seguire un corso di arabo. Il Paese l’affascina, c’è poco da fare, quindi decide di provare a trasferirsi. Cerca e trova lavoro in Ambasciata e allo stesso tempo presso una scuola italiana. Matura intanto la scelta della Cooperazione e perciò decide di reiscriversi all’Università, lavorando e studiando tra Italia ed Egitto, si laurea e trova un lavoro al COSPE in Egitto, dove comincia a collaborare. L’Egitto oramai è la sua seconda casa, sono dieci anni che ne assapora i suoi gusti e organizza cene con gli amici, e ancora ha voglia di visitare i posti non visti.

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