Da straniera questa è una domanda che mi viene fatta spesso quando siedo a un caffè: infatti il mio stomaco potrebbe non reggere l’affronto dei batteri che ogni egiziano purosangue sfida senza timore alcuno, e quando la domanda non mi viene posta l’acqua in bottiglia arriva comunque. Ogni guida turistica avvisa di non bere acqua non sigillata in Egitto, e direi a buona ragione: insufficienza renale, disturbi gastrointestinali, parassiti come l’ameba sono le conseguenze degli inquinanti e delle elevate concentrazioni di piombo, rame, nichel, molibdeno e molto altro rilevati nell’acqua. Ma l’acqua imbottigliata qui è un bene di lusso che non tutti possono permettersi, circa tre euro per sei bottiglie, la maggior parte della popolazione è quindi costretta a bere l’acqua corrente. Naturalmente parlo della popolazione che almeno a casa ha l’acqua! Infatti un numero significativo di famiglie nelle zone rurali e nelle periferie urbane non è ancora collegato con il sistema idrico.
Se poi aggiungiamo che l’Egitto sta affrontando una grave crisi idrica e che l’acqua procapite sta diminuendo anno dopo anno, questo non è proprio il Paese giusto per dimenticare un rubinetto aperto, ma perfetto per parlare di “oro blu”.
E’ molto raro entrare in casa di egiziani e trovare dell’acqua imbottigliata, c’è sempre da pregare che ci sia un’altra bibita a salvarti da rifiuti inaccettabili per la famiglia che ti ospita oppure da inevitabili nottate in bagno. Quello che è invece molto più comune è lo spirito di adattamento: se non si ha acqua in casa e non si hanno possibilità di comprarla, comunque si può star certi che si riuscirà a bere! E’ infatti molto frequente trovare per strada piccole giare o distributori d’acqua, completamente gratis e molto spesso attrezzate anche con un bicchiere (rigorosamente di metallo): Egyptian water-sharing lo si potrebbe definire, da ritenere comunque off-limits per noi stranieri dallo stomaco debole.
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