Andare in Albania la prima volta è come trovarsi in un luogo mediterraneo, contadino e un po’ familiare. Nella fila per il controllo immigrazione le carte d’identità italiane e i passaporti albanesi si mescolano in maniera quasi equilibrata. Agli arrivi, ragazzi e famiglie appena sbarcate si fanno abbracciare dai vecchi parenti con le mani scure di sole e di terra. E fuori dall’aeroporto, eccoci a rincorrere di sera la strada che da Tirana va a Scutari su una Panda viola melanzana.
“Guardate le luci del castello di Rozafa!”, ci dicono Sabah e Rozeta. Il nostro ingresso a Scutari avviene così, ma nel buio della periferia io vedo solo la scritta “Shqipëria”, Albania, e qualche cartello che indica la frontiera con il Montenegro. Entriamo in città e le prime immagini cominciano a diventare le prime tessere del viaggio. Scutari di sera è accogliente e sulle pietre bianche della strada si rispecchia la luce calda dei lampioni. Ci sono caffetterie frequentate solo da ragazzi con davanti una tazzina di caffè anche a mezzanotte e giovani che vanno su e giù per le vie affollate. Di sottofondo si sentono i muezzin delle moschee vicine, dai bar partite di calcio e musica, e poi campane e tante voci. Un insieme che avevo imparato a conoscere in altri viaggi che ho fatto nei Balcani. Tendo l’orecchio per familiarizzarmi con la lingua albanese e individuare le dieresi che dalle parole scritte si trasformano in suoni.
Alloggeremo per una settimana presso una “casa” speciale, il centro sociale “Hapa Te Lehte”. Significa “passi leggeri”, ma qui, semplicemente, lo chiamano tutti la “casa delle donne”. Camere al piano di sopra e ufficio al piano terra, da anni è rifugio e spazio creativo per le donne di Scutari e provincia. Il centro è stato fondato nel 2001 dall’associazione femminista locale “Passi Leggeri”, sostenuto fin da subito da COSPE e dalla cooperazione italiana. Da molti anni ormai le operatrici portano assistenza legale e psicologica alle vittime di violenza domestica, organizzano corsi di formazione professionale e gestiscono anche un colorato asilo nido nel cortile davanti. Fare queste cose insieme non significa proprio costruire una piccola casa comune? Negli incontri che abbiamo fatto con famiglie rurali, le donne non si sono quasi mai sedute a conversare, sempre intente a servire cibo e grappa con un velo sugli occhi che mi è sembrato alquanto di rassegnazione. Incontriamo Ana, un’operatrice, in un ristorante gestito da un gruppo di donne legato al centro, e ci racconta delle grandi difficoltà, anche psicologiche, che incontrano le donne a denunciare violenze e separarsi dalla famiglia del marito. Passi pesanti, mi dico.
Ci muoviamo per la Zadrima, la regione intorno a Scutari, sempre accanto a campi coltivati a cereali e frutteti; le montagne che ci fanno da cornice non sono altro che le prime guardiane delle Alpi albanesi che si trovano a nord, verso il Kosovo e il Montenegro. Affrontiamo il traffico di Tirana solo un pomeriggio per fortuna; volteggiando intorno ad enormi rotonde mi accorgo di quanto gli albanesi amino le Mercedes-Benz e di quanto costruire e ricostruire faccia parte della vita della capitale. Le case di campagna invece sono basse e bianche e spesso fanno compagnia a nuovi appartamenti, o solo piani e terrazze, con colori sgargianti che si mescolano al cemento non intonacato. Pergole di uva, orti, rimesse per le auto abitate anche da capre, pecore e mucche sono i più utili sostituti dei nostri giardini curati all’inglese. D’altronde Rozeta mi dice che gli albanesi consumano 3 litri di latte al giorno tra formaggi, yogurt e latte e farseli in casa è ancora molto comune! Age, un’anziana e vispissima contadina, ci accoglie con ricotta, succo di fragole e l’immancabile raki, la grappa locale, tutti fatti in casa. La montagna Shita è la sua compagna, e parte è stata mappata per il progetto eco-turistico portato avanti da COSPE. Age ci sorride e salta di qua e di là per fare gli onori di casa, e con orgoglio ci mostra il suo orto curato e la casa nuova per i figli; trapela anche la consapevolezza che proprio loro, trasferiti in Grecia anni fa, molto probabilmente non verranno mai ad abitare accanto a lei su una montagna.
Una settimana è poca per visitare la zona, ma quanto basta per farti venire la voglia di ritornarci, almeno per rincontrare Age, la luce sul lago di Scutari e il sapore delle prugne balcaniche.