Cojimies è l’ultimo baluardo della regione Manabì, situata nell’estremo nord di un istmo di terra a cavalcioni dell’omonimo fiume dal quale nasce un enorme estuario, circondato sui tre lati da acqua, ma dalle componenti assai diverse: a ovest Oceano Pacifico, a nord acqua salmastra e a est acqua dolce, tre acque, tre climi, tre ecosistemi, tre mondi.

Non è da poco che mi trovo in Ecuador, a pensarci bene è ormai un terzo della mia vita che passeggio tra Ande e Amazzonia, sfiorando di tanto in tanto quella che viene definita l’area subtropicale, ma dopo 13 anni in questi luoghi, quando ormai pensavo che la mia permanenza in questo Paese fosse finita, ecco che mi ritrovo a Cojimies, quindi in piena aerea costiera.

Rifletto sul percorso fin qui fatto e mai avrei immaginato che avrei vissuto per i prossimi anni lungo il litorale di questo splendido Paese. Forse, a ben pensarci, è semplicemente l’ultimo tassello che mi mancava per chiudere il cerchio, il posto giusto nel momento giusto, proprio quando meno me lo aspettavo ecco che si concretizza un’altra opportunità di lavoro, di crescita personale, di esperienza da ricordare.

Non conosco queste zone se non per qualche sporadico fine settimane trascorso al mare con gli amici negli anni passati, ma a Cojimies paese non ero mai stato. Vivere qui è un po’ come vivere in un’isola, il centro abitato più vicino dove trovare un po’ di tutto e anche un piccolo supermercato dista circa 40km. Questo mi fa sentire un po’ isolato e me ne accorgo i fine settimana quando qualche timido turista raggiunge il paese per trascorrere il week-end e noto immediatamente che si tratta di una faccia nuova, di un non residente, di un forestiero, chiaro sintomo che mi sto ambientando. In effetti non sono qui da molto tempo, sono passati appena 5 mesi dal mio arrivo e è quindi poco il tempo che ho avuto a disposizione per capire questa realtà dove oggi ho scelto di vivere. Cojimies è una piccola comunità che vive di pesca e un po’ di turismo, dove il mare e l’estuario in sé fanno parte della tua vita in ogni momento della giornata e per un valsusino come me non è propriamente un passaggio automatico: anche se sin da piccolo mia mamma mi ha gettato in piscina, e la ringrazio, l’oceano è ben altra cosa.

Qui Cospe è socio di un progetto ambizioso e importante, in un settore, quello della pesca appunto, dove in Ecuador non avevamo mai avuto l’opportunità di collaborare, in una zona geografica in cui da tempo eravamo assenti. ISOSPAM il suo acronimo: “Innovazione e sostenibilità nel settore della pesca artigianale in Manabì”. Il progetto ha come obiettivo quello di contribuire alla riduzione degli effetti del cambiamento climatico e alla promozione dell’occupazione di donne e giovani nel settore della pesca in un luogo dove il disboscamento incontrollato degli ultimi 30 anni dei boschi di mangrovie ha lasciato spazio a centinaia di migliaia di ettari adibiti a piscine per l’allevamento dei gamberi. Siamo di fronte a un disastro naturale enorme, mai regolamentato da leggi statali, dove a oggi, nel territorio in cui risiedo, il 90% dei boschi sono stati rasi al suolo, con effetti devastanti per gli ecosistemi, tanto terrestri quanto marini, senza pensare al ruolo fondamentale che la mangrovia ricopre per la protezione del litorale in caso di disastri naturali come lo tsunami.

Sono tristi le espressioni dei pescatori più anziani, quando ricordano il loro estuario, vent’ anni fa, stracolmo di pesce che oggi non c’è più o di boschi di mangrovie che davano sussistenza a centinaia di famiglie della zona che si dedicavano alla raccolta della “concha prieta” (un mollusco che vive nel limo presente tra le mangrovie) o dei grandi granchi, tutte specie che sono ormai in via di estinzione, a causa di una attività estrattiva non regolamentata sicuramente, ma anche a causa dei danni sull’ambiente che l’industria del pregiato gambero ha causato. Chissà quanti i voi hanno comprato gamberi in qualche supermercato Italiano, in una bella confezione sottovuoto: sono sicuro che da oggi farete attenzione alla loro provenienza! Ci tengo a ricordare che l’esportazione del gambero ecuadoriano, insieme a quella del cacao e della banana, è la principale fonte di entrata del Paese ricavata dalla vendita di beni alimentari.

Davanti a me so che avrò anni di grande lavoro e di grandi soddisfazioni, consapevole che Cojimies e la sua gente segneranno ancor di più la mia vita in questo Paese; da uomo di montagna avrò il piacere di trasformarmi, almeno per un po’, in marinaio anche solo di acqua dolce, con la forte consapevolezza che attraverso il lavoro di tutti i giorni sarò parte di piccoli processi volti a  portare cambiamenti positivi che potranno contribuire a migliorare le condizioni sociali delle persone che risiedono a queste latitudini e dell’ambiente che li circonda.

Matteo

Matteo

Matteo Lussiana, piemontese, è nato e cresciuto all’imbocco della Val di Susa, territorio al quale è molto legato, ma sin da quando aveva 17 anni ha deciso che la sua curiosità per ciò che c’era fuori doveva essere soddisfatta. Laureato in Comunicazione Interculturale con indirizzo antropologico, lavora sin dal 2011 nel mondo della cooperazione con qualche interruzione di tanto in tanto per soddisfare altre passioni e interessi personali quali lo sport e l’arte culinaria. Dopo alcune esperienze di lavoro e di periodi di lunghi di viaggi con sfondo sociale tra Papuasia e Sud America (Argentina, Uruguay, Brasile Perù), si ritrova in Ecuador dove sviluppa un amore incondizionato per questa terra in cui ancor oggi ha deciso di rimanere. Per tanti anni ha svolto il ruolo di responsabile Paese per altre organizzazioni vivendo tra l’Amazzonia ecuadoriana e l’area andina e da novembre 2021 ha iniziato a lavorare con Cospe. Oggi è responsabile del progetto Isospam nell’area Costiera, dove non aveva mai vissuto. Sportivo per natura e figlio di sportivi, alterna il lavoro alla passione per la bicicletta il trail running e il nuoto, discipline che lo aiutano ad affrontare meglio le sue giornate, a volte, davvero complicate.

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