Un segno che unisce: due colori, bianco e porpora. Il bianco per le nevi dei monti, la porpora è quella dei Fenici. È il segno del Lebanon Mountain Trail (LMT), un percorso di trekking di 470 km che attraversa tutto il Libano da nord a sud e collega tra loro 75 villaggi e città, 4 aree naturali protette, 2 riserve di biosfera, un sito patrimonio dell’umanità. Unisce e protegge, perché dove passa il LMT si devono fermare la speculazione edilizia e la devastazione dell’ambiente, che così tanto hanno colpito il Paese dalla fine della guerra civile in poi.
Lo abbiamo percorso, non tutto purtroppo, nel viaggio organizzato da COSPE nell’ottobre scorso e solo lì ci siamo resi conto davvero cosa significhi realizzare un progetto. Significa rimanere negli occhi e nel cuore delle persone che, quando ti riconoscono dalla maglietta gialla con il logo, si illuminano di gioia e di riconoscenza. COSPE ha fatto molto per il LMT e la sua presenza si incontra veramente a ogni passo del cammino: si trova nei pannelli che segnano le tappe del percorso, nelle strutture di accoglienza che ha contribuito a far nascere, negli amministratori che ha aiutato nel lavoro di valorizzazione delle proprie ricchezze naturali in maniera ecosostenibile, proteggendo e restaurando il LMT.
Fare un viaggio in cui ci sentiamo parte – seppur piccola – di qualcosa di più grande è un’emozione particolare che non darà mai un viaggio fatto da semplici turisti. Maturando questa consapevolezza lungo il cammino, via via facendo nuovi incontri e nuove scoperte, il passo anche si faceva più leggero. Abbiamo attraversato foreste di cedri millenari, che fino a pochi anni fa venivano tagliati e oggi vengono amorevolmente ripiantati; abbiamo visitato chiese e monasteri dalla storia secolare, dove si può alloggiare come gli antichi pellegrini; siamo entrati nelle case di pastori o in villaggi poverissimi, dove sempre qualcuno ci ha offerto un tazza di caffè. Abbiamo visto scenari naturali incredibili, con lo sguardo che dalle cime delle montagne arrivava fino al mare e – nelle giornate limpide – ci permetteva di vedere la Siria all’orizzonte.
E il pensiero andava ai molti drammi che affliggono questi nostri tempi, ma anche all’idea, forte, che tanti piccoli cedri piantati oggi fra quindici anni saranno una foresta.