Non avrei mai immaginato che una delle prime imprese che mi sarebbe costata cosi tanto tempo ed energie trasferendoci in Africa sarebbe stata la spasmodica ricerca di tapparelle per le camere!
La sveglia arriva impietosa alle 5.30, insieme al sole che si alza nel cielo. È una fortuna essere arrivati in piena stagione delle pioggie, almeno di tanto in tanto il trauma si attenua tra le nuvole.
Ma, anche una volta requisite tutte (e dico tutte) le poche tapparelle esistenti da ogni negozio di Mbabane, la mitica piccola capitale di questo piccolo e per lo più ignoto regno che è lo Swaziland, la conquista del sonno è una dura lotta. Insieme alla luce arriva infatti spesso impietoso un urlo mammapliiiiiizzzzzcame!!!!!!, che nel nuovo angloitalico del confuso nano quasi treenne che gira in casa vorrebbe dire “mamma per favore vieni”. Io sono una brava mamma, lui è un bambino disciplinato, non si alza da letto senza permesso, e quindi, nonostante gli urli per dieci minuti di venire, mi devo alzare e andare a prenderlo.
Con tutto questo se mi impegno, cercando di rabbonire il nano che vuole paneejeeem (pane e marmellata) o oooootttttttiiiiii (biscotti) con dei miei confusi “cinque minuti, sì cinque minuti”, riuscirei magari a dormire un altro po’, se non fosse che a quel punto si è dato il via al risveglio collettivo e arrivano a far festa Nina e Minù, le due sorelle gatte portate col pacchetto famiglia dall’Italia.
Ma sono stoica, col nano spalmato addosso e le due gatte aggrovigliate sul collo, mi tiro la coperta sulla faccia e riesco anche ad addormentarmi fino a che la sveglia, quella digitale, non suona alle 6.30. E tra rincorse per lavare e vestire il nano, preparare la colazione per umani e felini, allestire zainetti da portare a scuola, con infiniti ricambi di calzini sempre rotti (a scuola ci si leva le scarpe) e lunch box, ridarsi un aspetto presentabile, aprire grate, graticci e cancelli che per sicurezza circondano la casa, fare il check (e spesso la caccia al tesoro) di quello che i figli devono avere con sé per le attivita dopo scuola (da scacchi, che qua è una materia di studio, a hockey, che è l’attivita di educazione fisica), si fa magicamente l’ora di uscire.
L’unica che né tapparelle, né nani, né gatti e inizio a pensare nemmeno bombe potrebbero mai svegliare è l’altra figlia undicenne pre-adolescente, che dopo urla, preghiere, minacce, solletico ed espulsione forzata dal letto, si trascina verso la colazione ogni mattina come uno zombie. La sua scuola inizia presto, alle 7.30 si entra e alle 7.45 suona la campanella.
Così ci ritroviamo spesso in macchina col nano mezzo in pigiama e mezzo vestito, il biberon di latte fieramente stretto al petto, e immancabilmente la metà delle cose lasciate a casa. L’asilo montessoriano del nano inizia invece piu tardi alle 10 e quindi a casa di ritorno ci aspetta la nostra nanny. Ultime raccomandazioni, informazioni, immancabili pianti e drammi da abbandono, richieste, promesse, ricatti, baci, saluti. E finalmente alle 8 in ufficio, freschi, riposati e carichi.
Ah, un padre-compagno esiste, ma esercita solo nei weekend. Per il resto vive come neo-single cooperante nella casa-ufficio del COSPE a due ore di distanza. E pare che vada a correre la mattina, mangi papaya e sorseggi caffè nel giardinetto davanti all’ufficio…
Scopri cosa fa COSPE nel Regno di eSwatini