Brasiléia, 18 marzo 2020

Qui a Brasiléia, Stato dell’Acre (Brasile), le persone si sono svegliate ieri, dopo l’annuncio dei primi tre casi positivi nello Stato e la conseguente chiusura delle scuole.

Cominciano a vedersi in giro le prime persone con la mascherina e le persone alle casse dei supermercati comprano alcol (quello in gel era introvabile anche prima).

Fino all’altro ieri la gente per strada rideva, diceva che qui loro hanno la dengue e il morbillo, che sono molto più pericolosi del coronavirus. Già, peccato che la dengue l’anno scorso abbia ucciso in Brasile 500 persone, cosa che il Coronavirus ha fatto in un solo giorno in Italia.

Per chi, come me che sono Italiano e seguo quotidianamente quanto sta succedendo nel nostro Paese, vedere la cosa da fuori è impressionante, a volte fastidioso. Al supermercato io cerco di stare il più lontano possibile dagli altri, ma è inutile, le persone si accalcano, le file sono interminabili e tutti continuano nella loro routine, baciandosi, abbracciandosi e stringendosi la mano, come se il contagio non esistesse.

A questa situazione ha contribuito molto il presidente Bolsonaro, che continua ad affermare che il virus è “fantasia”, “isteria collettiva”, un complotto cinese per far cadere le borse e che domenica era in piazza avvolto da una moltitudine di sostenitori con cui si abbracciava e faceva selfie.

Vedremo gli sviluppi a partire da oggi: il governo, sembra, sta finalmente varando delle misure per controllare il contagio. Siamo l’ultimo Paese a muoversi in America Latina.

Alessandro Ugolini

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