Il Libano tra default e coronavirus

Beirut, 15 Marzo 2020.

Mentre il presidente Aoun diffonde alcune prime indicazioni rispetto alle misure che verranno imposte alla popolazione nei prossimi giorni, le volanti della polizia municipale e alcuni mezzi delle forze di sicurezza interna (ISF) stanno già facendo su e giù lungo la Corniche – la famosa passeggiata sul mare di Beirut – a sirene spiegate per far rientrare la gente a casa. In pratica da oggi, anche in Libano, inizia la quarantena forzata.

D’altronde in pochi giorni i casi sono schizzati a 99 e ormai la mappa del contagio non si limita più solo alla cintura di Beirut Sud, ma a quasi tutto il Paese. La preoccupazione quindi aumenta, anche considerate le limitate capacità di risposta del sistema sanitario nazionale in caso di epidemia su larga scala. Infatti, a oggi, solo l’ospedale pubblico Rafik Hariri di Beirut può accogliere fino a 140 pazienti affetti dal virus e garantire solo 12 letti per i casi più severi. Pare però che altri otto ospedali siano in procinto di essere preparati per aprire le porte a questo tipo di pazienti, mentre altri quattro dovrebbero presto essere autorizzati a realizzare analisi per diagnosticare i casi di Coronavirus.

Risulta quindi palese quanto la prevenzione possa essere l’unica vera arma a disposizione. Peraltro in un Paese già sotto stress per la crisi economica che ne sta minando le basi ormai da mesi. La dichiarazione di insolvibilità di 1,2 miliardi di dollari di Eurobond è “vecchia” solo di 6 giorni (9.3.2020) e il cosiddetto lockdown, l’isolamento, non potrà che peggiorare la situazione. Si calcola che da settembre 2019 siano quasi 800 gli esercizi del mercato alimentare e delle bevande chiusi. “Andrà [anche] tutto bene”, per parafrasare un leitmotiv molto in uso in questi giorni, ma le premesse sono tutt’altro che buone.

Intanto ce ne staremo chiusi in casa fino al 31 marzo (inizialmente). Poi una volta riaperta la porta, ci renderemo conto davvero dei danni e dei cocci da raccogliere. Se non altro, adesso, l’Italia mi sembra meno lontana. Un abbraccio a tutti. E state in casa!

 

foto Daily Star

Federico S.

Federico S.

Federico Saracini, senese, operatore umanitario e babbo a tempo pieno, scrittore a tempo perso, ha lavorato in contesti molto diversi, dal conflitto interetnico in Darfur, passando per l’urgenza terremoto ad Haiti (seguita da quella per il colera), fino all’emergenza migranti alle frontiere nord dell’Italia in anni più recenti. Oggi collabora con COSPE in Libano, dove coordina una campagna di sensibilizzazione sulla gestione dei rifiuti, la loro riduzione e riuso. Tifa Viola.

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