Tra crisi economica e raggi di speranza, le conseguenze del Covid in Tunisia

La Tunisia pare essere riuscita a uscire piuttosto bene (almeno per il momento) dall’emergenza sanitaria legata al Covid-19: le cifre ufficiali sono ferme ormai da qualche giorno a 1037 contagiati e 45 morti. Sebbene i contagi reali siano certamente più di quelli registrati, quel che si puo’ osservare sul terreno è che non si è arrivati a situazioni di crisi sanitaria estrema con terapie intensive che esplodono e centinaia di morti al giorno come in Europa. Questo è stato probabilmente merito delle misure di isolamento imposte quando ancora i casi di contagio si contavano sulle dita di una mano e a fattori sconosciuti che, malgrado il modo piuttosto relativo con cui i tunisini hanno seguito le misure di isolamento, hanno risparmiato questo Paese dotato di un sistema sanitario estremamente fragile.

A partire dal 4 Maggio anche qui è cominciata la fase 2 con un deconfinamento progressivo dei vari settori produttivi per far ripartire l’economia. Tuttavia, già a partire dall’inizio del mese di Ramadan il 24 Aprile scorso, la gente ha ricominciato ad affollare le strade e i mercati come se il virus non fosse mai esistito (a parte le maschere portate da alcuni, spesso male). Per ora, comunque, sembra non esserci un ritorno dell’epidemia: aspettiamo e speriamo che almeno l’aspetto sanitario di questa crisi si risolva così.

L’emergenza Covid-19 ha tuttavia lasciato dietro di sé molte conseguenze, in particolare le fortissime ripercussioni economiche che sono già visibili e che vanno ad aggiungersi alla situazione critica di debito, disoccupazione e lavoro informale che già affligge il Paese.

In un mercato del lavoro per più del 50% informale e che vede più del 30% della forza-lavoro disoccupata, il numero di famiglie che non sono iscritte in nessuna categoria di lavoratori e dunque non beneficiano di nessun aiuto statale è molto alto. Il costo della vita aumenterà ancora mentre il potere d’acquisto delle famiglie si abbasserà, rendendo difficile garantirsi anche i beni di prima necessità. Il blocco delle importazioni da parte dell’UE provoca, in un’economia essenzialmente esportatrice verso l’Europa, un accumulo di prodotti invenduti e, in particolare, di interi raccolti agricoli che devono essere gettati perché non trovano mercato.

I gruppi e le micro imprese sociali e solidali che sosteniamo come COSPE nel Paese hanno fortemente sofferto di questa situazione e ora a fatica riprendono le attività: per alcuni la produzione si è totalmente bloccata, per altri la produzione ha continuato ma senza possibilità di vendere i prodotti, altri si sono ritrovati senza entrate con dei debiti da pagare e l’impossibilità di fare arrivare le materie prime e i macchinari necessari alla produzione.

L’emergenza Covid ha però lasciato anche altre conseguenze, ben più positive: molte iniziative volontarie si sono organizzate in tutto il Paese per sostenere le fasce più in difficoltà, alcune delle quali si sono anche strutturate in imprese o in attività permanenti, e alcuni artisti hanno trovato nel confinamento l’ispirazione per opere d’arte collaborative e portatrici di speranza.

È il caso di due giovani artisti di Tunisi, Aziz Aissaoui e Becem Sdiri, che sono stati illuminati da una constatazione: in un periodo di confinamento e distanziamento sociale, la sola cosa proveniente dall’esterno di cui nessuno ha paura e che anzi tutti cercano è la luce. E così, osservando il palazzo antistante la loro casa e la rotazione del sole, si sono accorti che la mattina un lato della strada è in piena luce e l’altro totalmente all’ombra, mentre nel pomeriggio i ruoli si invertono.

Si sono allora chiesti: “Perché non coinvolgere i nostri vicini, anch’essi costretti in casa dal confinamento, in una condivisione della luce solare?”. Ed è così che è nata la loro installazione partecipata: sia loro che i loro vicini hanno installato sul proprio balcone degli specchi che sono stati posizionati in modo tale che, grazie ad un gioco di riflessi, tutti possano ricevere un raggio di sole in casa propria durante l’intera giornata. La notte, grazie all’installazione di faretti, questa collaborazione di specchi e vicinato permette invece di lanciare nel cielo buio dei raggi di luce: la luce della collaborazione e della condivisione che è la sola che ci permetterà di superare questo momento di crisi globale.

Maria

Maria

Maria nasce 25 anni fa a Reggio Emilia ma, se potesse, sulla sua carta d’identità alla voce “nazionalità” scriverebbe: “mediterranea”. Dopo il liceo non sa cosa fare. Le interesserebbero le scienze politiche e la cooperazione ma poi decide invece di studiare l’arabo e il persiano: le lingue possono aprire tanti mondi inaspettati, Maria lo sa e la curiosità è una delle sue caratteristiche principali. Inizia così nel 2013 la sua avventura a Venezia, nel 2015 è a Rabat e l’anno seguente inizia un master in lingue e culture orientali a Roma. Proiettata verso il Medio Oriente, Maria decide di lanciarsi finalmente nella cooperazione ma, invece che in Libano, viene portata dalla sorte sulle coste tunisine per uno stage con COSPE. Le basta poco tempo per farsi affascinare dal potenziale di questo Paese e dalla sua vicinanza culturale con l’Italia, e così decide di restare ancora un po’, per coordinare con COSPE un progetto con giovani media.

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