Un mattino dai mille volti

Abito a venti minuti a piedi dall’Avenue Habib Bourguiba, la via più importante della Tunisia, ma quando mi sveglio la mattina le prime sensazioni che il mio corpo capta sono il canto insistente di un galletto, il profumo dei gelsomini e i passi zoppicanti delle anziane vicine o quelli veloci degli ouled el houma, i ragazzi del quartiere, nella viuzza davanti a casa.

Questa è Beb el Khadra, un quartiere popolare molto vicino al centro ma veramente autentico nelle sue casette basse con patio, nelle sue consuetudini sociali e nelle difficoltà quotidiane che affollano le strade: che si tratti della spazzatura raccolta in un mucchio confuso esattamente in mezzo alla piazza o dei tanti disoccupati che passano le giornate in strada senza uno scopo chiaro se non quello di arrivare a sera.

Ed è da qui che, dopo una semplice colazione a base di caffè – quando va bene, italiano – e yogurt in compagnia del mio gatto Pedro, parto per andare al lavoro.

Nei trecento metri che separano casa mia dalla porta del quartiere, sono almeno cinque le persone che ogni mattina mi danno il buongiorno e mi chiedono come sto: il venditore di makroudh (biscotti fritti), quello di casalinghi, l’elettricista, il nuovo pescivendolo e ultimo, sempre a presidiare la porta, Habib il fruttivendolo, con il quale spesso ci ritroviamo a parlare io in tunisino e lui in italiano, perché lui in Italia ci ha vissuto 20 anni, quasi quanto me. “Devo smettere di essere così gentile e sorridente con tutti, sennò fra un po’ mi toccherà uscire di casa un quarto d’ora prima per salutare tutto il quartiere!” mi dico sempre, ma poi sorridere e ascoltare storie è così bello …

Uscita da Beb el Khadra, mi aspetta una traversata dei mille volti della Tunisia: dal galletto che mi sveglia al mattino, alle mani nere dei meccanici che lavorano accanto alla strada (perché il garage può contenere solo gli attrezzi), ai crocchi di persone in fila per una colazione tunisina verace a base di mezza baguette, harissa (salsa di peperoncino) e tonno, al parchetto dove gli studenti si godono gli ultimi momenti di libertà prima di entrare nel loro liceo privato.

E così arrivo infine a Place Pasteur, quartiere moderno di banche, istituti privati, hotel, uffici e, in una piccola palazzina tranquilla, l’ufficio COSPE, dove mi attende una nuova giornata di lavoro e imprevisti tunisini da risolvere!

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Maria

Maria nasce 25 anni fa a Reggio Emilia ma, se potesse, sulla sua carta d’identità alla voce “nazionalità” scriverebbe: “mediterranea”. Dopo il liceo non sa cosa fare. Le interesserebbero le scienze politiche e la cooperazione ma poi decide invece di studiare l’arabo e il persiano: le lingue possono aprire tanti mondi inaspettati, Maria lo sa e la curiosità è una delle sue caratteristiche principali. Inizia così nel 2013 la sua avventura a Venezia, nel 2015 è a Rabat e l’anno seguente inizia un master in lingue e culture orientali a Roma. Proiettata verso il Medio Oriente, Maria decide di lanciarsi finalmente nella cooperazione ma, invece che in Libano, viene portata dalla sorte sulle coste tunisine per uno stage con COSPE. Le basta poco tempo per farsi affascinare dal potenziale di questo Paese e dalla sua vicinanza culturale con l’Italia, e così decide di restare ancora un po’, per coordinare con COSPE un progetto con giovani media.

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