In Egitto la pandemia è ancora in una fase iniziale, la situazione e la minaccia non sono ben chiare per molti e comunque molti sono costretti a lavorare ogni giorno per poter sopravvivere. Si sa, piove sempre sul bagnato, e più si è vulnerabili, più le consequenze lievitano, specialmente se manca un aiuto strutturato e apposta per le fasce più deboli.

Per il momento le misure adottate in Egitto sono ancora “soft” rispetto a quelle italiane: c’è un coprifuoco dalle 19.00 alle 6.00 in tutto il Paese e, nella stessa fascia oraria, è sospeso anche il trasporto pubblico; i negozi e i centri commerciali restano chiusi dalle 17.00 alle 6.00 durante i giorni infrasettimanali e per tutta la giornata nel fine settimana; fanno esclusione le panetterie, i supermarket e le farmacie, purché non situate all`interno di un centro commerciale; gli uffici rimangono chiusi o aperti a rotazione, le costruzioni-produzioni considerate “essenziali” continuano il lavoro, le scuole e le università sono chiuse.

Nel caso si dovesse sospettare di aver contratto il virus, le procedure prevedono che si contatti un numero di telefono messo a disposizione dalle autorità, un dottore valuterà la necessità di effettuare un test, che va fatto solo nelle strutture pubbliche designate. Nel caso si dovesse risultare positivi al test, si viene trasferiti immediatamente in isolamento fuori dalla città, in strutture appositamente destinate, la più vicina al Cairo è Marsa Matrouh.

Ad oggi (7 aprile), ufficialmente, i contagi superano i 1000 e i morti gli 80, un lockdown completo per adesso rimane ancora una possibilità non necessaria. Ma a dispetto di queste misure colossali, la media giornaliera dei contagi continua ad alzarsi.

Il rispetto delle misure imposte varia a seconda delle zone: in quelle più popolari, il sovraffolamento, l’informalità, le necessità economiche dei cittadini rendono più difficile il rispetto e la comprensione delle nuove misure. Il rischio è quello di non riuscire ad evitare un epilogo tragico, in ogni caso, per quella fetta molto grande di popolazione che per mangiare, letteralmente, ha bisogno di lavorare tutti i giorni.

Gli italiani sono sempre stati nel cuore degli egiziani, lo sanno tutti, a diversi livelli socio-economici, culturali, politici, amicali, e con interessi evidentemente differenti. Lo ha dimostrato il governo egiziano inviando aiuti in questi giorni in Italia, ma lo dimostrano anche gli amici e i collaboratori, il cui interesse è quello di sapere se in Italia stanno tutti bene, se le cose migliorano o peggiorano, se la mia famiglia è “al sicuro”.

Quello che potrebbe essere un punto di forza, ma anche un rischio in questa situazione, è sicuramente la resilienza. Se il lockdown dovesse continuare o essere messo a regime h24, l’informalità potrebbe dare vita a nuove forme lavorative, con il rischio però di generare nuove linee di sfruttamento alimentate dai bisogni.

A casa, intanto, torna in voga il canestro e la spesa si continua a farla dai balconi. Il “meglio” deve ancora e sicuramente venire!

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Giuliana

Giuliana Sardo, trentaduenne meridionale appassionata di cene tra amici, nasce a Capua, cittadina ridente del casertano. Fino all’età di 18 anni vive nel piccolo paese di Pignataro Maggiore, 6000 anime circa, di cui un’importante parte 0ver70, e quindi decide di trasferirsi a Roma per frequestare l’Università, per potersi laureare in arabo, affascinata da una lingua e una cultura che non avevano in realtà mai fatto parte della sua vita. La sua famiglia è molto numerosa, secondo i frenetici ritmi meridionali di un tempo: due sorelle maggiori e un fratello minore, sparsi per l'Italia e con già un po’ di nipoti. I genitori invece sono rimasti al paese e vivono con la sua adorata nonna, compagna di viaggi e prima tra tutti a spronare e sostenere Giuliana per qualsiasi scelta ‘bizzarra” o “non usuale”. Lei è stata sempre la sua migliore amica. Giuliana visita l’Egitto per la prima volta nel 2007, per seguire un corso di arabo. Il Paese l’affascina, c’è poco da fare, quindi decide di provare a trasferirsi. Cerca e trova lavoro in Ambasciata e allo stesso tempo presso una scuola italiana. Matura intanto la scelta della Cooperazione e perciò decide di reiscriversi all’Università, lavorando e studiando tra Italia ed Egitto, si laurea e trova un lavoro al COSPE in Egitto, dove comincia a collaborare. L’Egitto oramai è la sua seconda casa, sono dieci anni che ne assapora i suoi gusti e organizza cene con gli amici, e ancora ha voglia di visitare i posti non visti.

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