Inquinamento sì, inquinamento no

L’Egitto è contradditorio in tutto, perfino se parliamo di inquinamento c’è spazio per la confusione. Un Paese a più livelli, a zone, e vi spiego il perché.

Partiamo dal Il Cairo,una metropoli con tutti i connotati per esserlo, con i suoi 18 milioni, o forse più, di abitanti (se si considera anche il suo governatorato), con i suoi milioni di veicoli di tutte le dimensioni, con due raccordi che coprono l’intera superficie e cadono a pezzi sotto il peso dei troppi TIR. Come potrà mai un agglomerato di questa portata essere anche solo nei sogni una città a basso inquinamento? Non ci sono speranze fino a quando la questione ambientale non diventerà una priorità, e questa non lo è mai tra le fasce più povere, loro hanno altro a cui pensare, e The Great Cairo accoglie milioni e milioni di poveri tra le sue strade.

Una ricerca recente (non ritenuta valida dal governo) è stata condotta dalla compagnia “Eco experts”, mettendo in evidenza la situazione dell’inquinamento (valori aggregati) in 48 città del mondo: Il Cairo è la prima in classifica, nel mondo. Nel 2017 il Programma Ambientale delle Nazioni Unite ha dichiarato che 40.000 persone in tutto l’Egitto morivano per problemi legati all’inquinamento.

Per non parlare dei rumori, costanti, martellanti e diversi. Esiste un dio del guidatore in Egitto, chiamato clacson, adorato da milioni di fedeli, che assume forme diverse ed è perfino strumento di comunicazione. Innanzi tutto i fedeli si scatenano nella dimostrazione di questa devozione “addobbando” il più possibile il proprio clacson e cercando di usarlo il più possibile, in ogni occasione. Spesso una sirena che presumibilmente indica l’avvicinarsi di un’autoambulanza o di una camionetta della polizia risulta essere solo il segno di devozione di un’autista che “abbellisce” il suo clacson. Con il clacson si comunica in Egitto, si fanno veri e propri discorsi e – come con un messaggio in alfabeto Morse – si può mandare a quel paese l’autista che si ha davanti. D’altronde è questo l’unico modo per esprimere i propri sentimenti mentre si è alla guida, nessuno ti sente se usi solo e soltanto la tua misera voce in un vortice di traffico su una strada a cinque corsie.

Contribuisce al rincoglionimento da inquinamento acustico anche la quantità di lavori in corso, perenni in questa città, che vanno avanti di giorno e di notte, suddivisi secondo le zone. Per non parlare dei servizi di raccolta dei rifiuti, anche quello a zone naturalmente e quindi gestito in maniera diversa e da compagnie diverse. A Zamalek, dove lavoro, è la nostra italianissima Ama che si occupa della raccolta dei rifiuti; a 6th October, dove vivo, la raccolta è portata avanti dagli zibbaleen, come in tante altre zone del Cairo. Gli zibbaleen sono una categoria di operatori ecologici indipendenti, che tramandano questo lavoro da generazioni e che vivono tutti in un unica area “ghetto”, il Mokattam, una delle alture del Cairo. Natualmente lavorano per un introito che è dato dalla vendita dei materiali riciclabili, quali plastica, cartone, carta, a compagnie perlopiù straniere, anche europee. Ma che fine farà tutto quello che non è plastica, lattina, cartone o carta? Viene lasciato esattamente dov’è! Lo zibbaleen squarcia violentemente la busta, prende il bottino e abbandona il resto. Quando questo “resto” diventa troppo, quando comincia a ingombrare le strade, semplicemente gli si da fuoco e, voilà, il problema è risolto.

Il Cairo non è certo il solo luogo inquinato in un Paese da cento milioni di abitanti concentrati in pochissimi centri, anche se può trarre in inganno l’immagine dell’Egitto con le acque limpide del Mar Rosso, popolato di migliaia di specie marine, con il deserto e le distese verdi lungo il delta del Nilo. Se ci si trova tra le acque cristalline del Sinai, viene difficile credere che esistano persone in questo Paese che perdono la vita per l’inquinamento, e i signorotti cairoti non ne avranno mai la più pallida idea poiché perlopiù vivono e lavorano nello stesso compound, bellissimo, pulitissimo e verdissimo, dove spesso è vietato l’ingresso alla plebe senza invito o prenotazione.

Giuliana

Giuliana

Giuliana Sardo, trentaduenne meridionale appassionata di cene tra amici, nasce a Capua, cittadina ridente del casertano. Fino all’età di 18 anni vive nel piccolo paese di Pignataro Maggiore, 6000 anime circa, di cui un’importante parte 0ver70, e quindi decide di trasferirsi a Roma per frequestare l’Università, per potersi laureare in arabo, affascinata da una lingua e una cultura che non avevano in realtà mai fatto parte della sua vita. La sua famiglia è molto numerosa, secondo i frenetici ritmi meridionali di un tempo: due sorelle maggiori e un fratello minore, sparsi per l'Italia e con già un po’ di nipoti. I genitori invece sono rimasti al paese e vivono con la sua adorata nonna, compagna di viaggi e prima tra tutti a spronare e sostenere Giuliana per qualsiasi scelta ‘bizzarra” o “non usuale”. Lei è stata sempre la sua migliore amica. Giuliana visita l’Egitto per la prima volta nel 2007, per seguire un corso di arabo. Il Paese l’affascina, c’è poco da fare, quindi decide di provare a trasferirsi. Cerca e trova lavoro in Ambasciata e allo stesso tempo presso una scuola italiana. Matura intanto la scelta della Cooperazione e perciò decide di reiscriversi all’Università, lavorando e studiando tra Italia ed Egitto, si laurea e trova un lavoro al COSPE in Egitto, dove comincia a collaborare. L’Egitto oramai è la sua seconda casa, sono dieci anni che ne assapora i suoi gusti e organizza cene con gli amici, e ancora ha voglia di visitare i posti non visti.

Articoli correlati