La Paz, un mosaico colorato di tanti contrasti.

La Paz, la città dove vivo, racchiude in sé tutte le differenze e tutti i contrasti che si possono trovare in Bolivia, un Paese fatto di culture diverse, di tanti popoli indigeni e di un’enorme varietà geografica, con grandi diseguaglianze economiche dove estrema povertà e ricchezza convivono fianco a fianco.

 

“È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.”

Solo con le parole di Calvino delle sue Città Invisibili mi riesce descrivere brevemente La Paz, perché altrimenti non è un’impresa facile.

Infatti la Bolivia è un Paese molto grande, dove convivono tante culture differenti, tantissimi popoli indigeni, e geograficamente va dalle cime oltre i seimila metri delle Ande alle sterminate foreste dell’Amazzonia, dal lago Titicaca al deserto di sale più grande del mondo, da città moderne a paesini sperduti da fiabe del passato.

E queste differenze, anche estreme, si ritrovano tutte in scala a La Paz, dove vivo, a quattro ore dai municipi di Quiabaya e Tacacoma, dove coordino un progetto di sicurezza alimentare e sviluppo rurale attraverso il protagonismo delle donne nella gestione di sistemi idrici e di agro-ecologia.

La Paz non è una sola città, ma un mosaico colorato di tanti contrasti.

È una città moderna, dove ci si muove con una teleferica al posto della metropolitana, tra grattacieli, torri di vetro e montagne innevate. Ma è anche una città antica, tra case coloniali, piazzette nascoste, chiese barocche e monumenti di eroi e condottieri.

È una città ricca, con le sue ville, i palazzoni e i centri commerciali, ma anche povera con i suoi quartieri dalle case cadenti e i palazzi diroccati. È una città rivoluzionaria, con i luoghi delle ultime lotte del Che Guevara, luoghi di martirio e proteste contro le dittature. Una città con i suoi bar nascosti, musica latinoamericana, liquorerie dove bere fino a tardi, ma anche una città con locali alla moda, centri culturali e cinema.

Una città dai mille misteri, con stregoni e negozietti dove comprare il necessario per i rituali alla Pachamama, ma anche la capitale politica del Paese, con i suoi ministeri e la burocrazia. Una città caotica, dalle centinaia di macchine e gli ingorghi perenni, ma anche la città dai parchi di pietra, strade deserte e luoghi per bambini. La città delle zebre, persone vestiti da zebra che dirigono il traffico, una città dai mercatini colorati e delle comunità indigene delle Ande, ma anche la città delle moderne tribù urbane.

Una città unica, sospesa tra passato e futuro, dove il presente è un continuo mutare, arroccata in vallate ai piedi della cordelliera reale, dove tra un quartiere all’altro ci sono gradi di temperatura differente, dove si passa da quartieri di case con mattoni in vista, a quartieri con grattacieli, da stradine scure e misteriose a grandi strade moderne. Una città che ogni giorno lotta tra tradizione e modernità, una città a volte accogliente e a volte chiusa in se stessa. Una città di dèi e miti che da epoche remote vivono sulle cime delle Ande, tra le nuvole che custodiscono i suoi misteri più profondi.

 

Antonio

Antonio

Antonio Lopez y Royo, anche se il cognome può trarre in inganno, è leccese, nato e cresciuto nella penisola salentina dove, anche se la vita lo ha portato via da tanto tempo, ritorna almeno una volta l’anno. Si laurea in legge con un Erasmus in Germania, si specializza in cooperazione intenzionale a Bruxelles e inizia a lavorare nel mondo delle ONG nel 2005, lavoro per il quale si trasferisce a Roma, dove vive per diversi anni. Dopo alcune esperienze in progetti di educazione allo sviluppo in Italia, inizia a lavorare all’estero con numerose missioni tra Libano, Siria, Ghana, Colombia, Argentina, per fermarsi poi come capo progetto e rappresentante Paese in Malawi. Finita l’esperienza africana, nel 2012 si trasferisce in Bolivia, sempre come direttore progetto e coordinatore Paese: qui, oltre alla cooperazione, comincia a lavorare come professore universitario e nel 2017 inizia a Buenos Aires un dottorato in diritto internazionale ambientale; nel 2019 inizia a lavorare per COSPE a La Paz. Nel frattempo la sua vita lavorativa si intreccia con quella familiare e, nel 2015, si sposa con una ragazza boliviana con la quale ha avuto da poco due figli.

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