Sopra il vulcano: la salita al Pico Grande di Fogo

Salire in vetta al Pico Grande, il vulcano dell’isola di Fogo, la montagna più alta di Capo Verde, non è stata soltanto una bella esperienza di trekking, ma ha significato per me qualcosa di più. Il senso di pace e di distacco che si prova dalla cima del monte mi ha portato un senso di pace e di relazione con la natura che ancora sento dentro di me.

Da ottobre 2020 abito nella Ilha do Fogo, una delle aree di attuazione del progetto Terra de Valor avviato da COSPE a Capo Verde.

Capo Verde è un arcipelago formato da 10 isole principali, 9 di queste abitate, distinte tra le isole del nord, dette di Barlavento, cioè “da dove soffia il vento”, e le isole al sud, di Sotavento, dove fluisce il soffio del vento. Piccoli isolotti disabitati dall’uomo completano l’arcipelago proteggendo la fauna e flora locale dalla presenza umana.

Le isole di Capo Verde sono molto diverse tra di loro, ognuna con una forte identità paesaggistica e culturale.

Ilha do Fogo, con i suoi 476 km², è famosa per l’Òmi Grandi, il “grande uomo”, così affettuosamente chiamato dagli abitanti dell’isola, il vulcano ancora attivo che imperioso sovrasta l’isola, con i suoi 2789 metri di altezza.

Il vulcano si trova all’interno del Parque Natural do Fogo, composto da un grande cratere, il Chã das Caldeiras, caratterizzato da un paesaggio lunare di sabbia nera che al suo interno ospita il vulcano, insieme ad altri crateri di piccole dimensioni, la bordeira, ovvero la parte del bordo del cratere principale, e le piccole comunità di Portela, Cova Tina e Bangaeira che – dopo essere state rase al suolo dall’eruzione del 2014 – lentamente stanno rinascendo. Nonostante le persone abbiano perso tutto, hanno deciso di tornare a vivere dentro il cratere, perché lì sono nate e lì vogliono vivere, incapaci di adattarsi ad altri luoghi. A Chã das Caldeiras il clima è differente dal resto dell’isola, con temperature che di notte diventano particolarmente rigide.

COSPE è presente sull’isola di Fogo dal 1988 e promuove progetti di rafforzamento dell’agricoltura locale, del turismo responsabile e la partecipazione di giovani e donne nella società civile. In particolare, attraverso il progetto Rotas do Fogo, sono stati indentificati alcuni sentieri, che attraggono appassionati di trekking e di turismo rurale e gastronomico. Fogo infatti è famosa per i suoi formaggi di capra e il suo vino prodotto con uve native che crescono sulle pendici del vulcano.

Fin da subito ho percepito la presenza del vulcano: impossibile ignorarlo. Per alcuni mesi ci siamo scrutati attentamente. Io dal basso lo guardavo con un mix di paura, attrazione e rispetto. Lui, dall’alto, mi osservava con sguardo severo, attraendomi con un sottile gioco di seduzione e provocazione. Finché, dopo alcuni giorni di preparazione fisica e spirituale, mi decido a scalarlo.

Dopo una fredda notte passata in una delle casette degli abitanti, alle cinque del mattino mi incammino con un amico e la guida. A quest’ora è sempre buio e il paesaggio nero non aiuta la vista, ma la guida va con passo sicuro e così la seguo con fiducia. Per le alte pareti del cratere, il sole tarda a sorgere, ma non appena i primi raggi vi penetrano tutto si colora di un rosso tenue e caldo, proiettando nitidamente l’ombra del vulcano sul lato opposto del cratere. Man mano che salgo sento l’aria più rarefatta e fredda. In questi casi cerchi di respirare lentamente e parlare poco. Pensi tanto, pensi alla tua vita, alle tue scelte, mentre rare e piccole piantine verdi, ti fanno capire la forza della natura, la capacità degli esseri viventi di adattarsi anche ai luoghi più impervi. Dopo circa quattro ore di salita arrivo in cima e ho un poco di paura; vorrei chiudere gli occhi, ma lentamente comincio a guardarmi intorno: sotto di me il grande il Grande Uomo, dall’altro il cratere principale con le sue comunità ricoperte dalla lava. Le nuvole, ormai sotto di me, mi fanno capire quanto sia in alto, e così sento avvolgermi dall’immensità e dalla pace di questo posto.

Mi piace immaginare che ogni persona che decide di salire provi emozioni diverse, perché quando sei in cima sei da solo e la relazione con la natura diventa così forte che ti ritrovi a fare i conti con la tua propria vita. Così è stato per me e di una cosa sono sicuro: ancora dopo mesi sento dentro la pace che quel magico luogo mi ha trasmesso.

Leonardo

Leonardo

Leonardo Di Blanda, per gli amici Nando, 39 anni, nasce a Palermo ma cresce a Piazza Armerina, nel cuore della Sicilia. A 19 anni ritorna a Palermo per studiare Tecnica Pubblicitaria, Facoltà di Scienze della comunicazione. Neolaureato, parte per la Tanzania per un campo di lavoro e, successivamente, si trasferisce a Milano dove frequenta il Master in Analisi e gestione di Progetti di Sviluppo che termina con un tirocinio nel Parà, Brasile. Nel 2008 ritorna in Brasile, con il COSPE, prima come Servizio Civile Internazionale poi come cooperante, e ci rimane fino al 2020, anno in cui parte per Capo Verde ricoprendo il ruolo di Coordinatore del progetto Terra di Valore.

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