Situata all’estremità ovest del paese nella regione di Tillaberi, Niamey, la capitale del Niger, si sviluppa quasi interamente sulla riva sinistra dell’omonimo fiume ad eccezzione del comune V che si estende sulla riva destra (sono in totale 5 i comuni urbani che compongono la città). Gli unici due punti di collegamento tra le due parti della città (e dell’intero paese) sono il pont Kennedy ed il più recente pont de l’amitié Chine-Niger realizzato nel 2012.

Luogo di transito per chi mira ai confini e ricordo indelebile per chi riesce a varcarli, spesso accarezzata dalle tempeste di sabbia portate dall’harmattan, un vento caldo durante il giorno e più freddo di notte, asciutto e spesso carico di polvere, la città vive sospesa in un atmosfera in cui tradizione e modernità si contendono il presente. Se infatti negli ultimi anni il traffico si è intensificato e si moltiplicano i moderni palazzi, che svettano nel centro città talvolta indecisi tra architetture che rimandano al passato e modernità poco sobrie, capita ancora frequentemente di doversi destreggiare nel traffico cittadino cercando di schivare una mandria di mucche e montoni o un cammello appesantito dall’enorme quantità di stuoie destinate al commercio che trasporta.

Tra i molti quartieri che si dividono la città, sulla riva sinistra del fiume tra la Route de Tillabery e la Boulevard Mali Bero, si trova il quartiere Plateau dove dopo qualche mese di ricerca sono riuscito a trovare casa. Si tratta di un quartiere residenziale situato in una delle zone più verdi della città ricco di villette d’epoca coloniale e zona prediletta dagli espatriati residenti nella città. Nonostante sia divenuto tristemente noto alle cronache il 7 gennaio 2011 a causa del rapimento di due giovani francesi conclusosi con la morte dei due ostaggi da parte dell’organizzazione Al-Qaïda au Maghreb islamique (AQMI), il quartiere si conferma come uno dei più sicuri della città, in cui vi trova sede la presidenza, una caserma della gendarmeria e la guardia nazionale.

Nonostante il carattere residenziale e il processo di gentrificazione (i prezzi delle case sono tra i più elevati della città) che lo vede protagonista, il quartiere rimane ancora un luogo ricco di quei particolari che rendono Niamey una città affascinante e unica nel suo genere. Tra le strade sabbiose che lo attraversano vi si trovano ancora diversi insediamenti semi-nomadi composti da alcune capanne in paglia o steli di miglio mentre sono diverse le botteghe e gli artigiani che vi lavorano e si organizzano nei modi più sorprendenti, come sono numerose le moschee o i luoghi di culto all’aperto presenti un po’ ovunque nel quartiere che durante le ore di preghiera monopolizzano i suoni della città. Ma tra tutti i luoghi ve n’è uno, un semplice piazzale di sabbia e polvere adiacente ad una delle tante anonime stazioni degli autobus presenti in città che esercita un fascino particolare proprio per la sua semplicità : vuoto di giorno, dopo l’ultima preghiera si prepara ad accogliere una moltitudine di persone tra luci e botteghe, venditori ambulanti e rigattieri, nuovi e moderni edifici ricoperti di vetri e specchi o ristoranti improvvisati sotto una stuoia nei quali mangiare qualcosa per concludere la giornata.

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Federico Munaretto

Federico Munaretto

Federico Munaretto, nato a Vicenza nel 1987, fino a 19 anni vive a Schio, ridente cittadina caratterizzata da un clima uggioso e da un settore economico trainato dall’industria e dall’artigianato. Incuriosito dagli oggetti che il padre riportava a casa da lunghi viaggi in tutto il mondo, si appassiona e si interessa fin da giovane alle tematiche relative alle culture umane, ai pluralismi e ai dinamismi socio-culturali. La scelta degli studi universitari ricade quindi nel corso di Scienze antropologiche dell’università di Bologna. Nei quasi sei anni trascorsi a Bologna, Federico lavora, studia, lavoricchia e collabora attivamente con un’associazione studentesca che si occupa di mobilità sostenibile. Selezionato nell’ambito di un progetto del Servizio Civile Nazionale, si ritrova catapultato nel Paese delle mille colline, il Rwanda. Inizia cosi il suo percorso nella cooperazione dove inizia ad operare negli ambiti dello sviluppo rurale, la sicurezza alimentare e la nutrizione infantile. Dopo l’anno in Rwanda con una ong lodigiana è tempo di attraversare il lago Kivu per approdare nella carismatica e complessa Repubblica Democratica del Congo, dove tra Lubumbashi e Roma trascorre più di un anno e mezzo. Deciso a continuare nella cooperazione, per una serie di fortuite coincidenze incontra il COSPE ed ora si trova in Niger.

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