Prima della pandemia far la fila in banca, scegliere la frutta al mercato o semplicemente chiedere un’indicazione a un passante erano occasioni per poter conoscere persone, scambiare quattro chiacchiere e tessere dei legami. Durante quest’ultimo anno, invece, ho cercato di evitare contatti, parlare il meno possibile e, ovviamente, ho dovuto sempre tenere la mascherina, cosicché pochi sono stati i sorrisi scambiati. Tuttavia, tre donne hanno reso la mia permanenza a Capo Verde più piacevole e allegra, nonostante le rigide condizioni.
Le prime due sono rabidantes, venditrici informali di frutta e verdura, che ogni giorno si siedono accanto all’ufficio del COSPE per vendere i propri prodotti. Non parlano portoghese, ma solamente criolo, facendo sì che, ogni volta che andavo a comprare la frutta, ci fossero incomprensioni, solitamente sui prezzi, ma anche qualche risata per via del mio accento “siculo-porto-criolo”. Il più delle volte non avevo bisogno di fare acquisti, tuttavia mi rallegrava il pensiero di incontrarle. A volte capitava che litigassero tra di loro perché volevano avere l’esclusiva su di me, così cercavo sempre di comprare in parti uguali da entrambe. Un giorno chiesi alle due signore di sorridere per poter fare una foto. Una delle due aveva vergogna a mostrare il sorriso, perché le mancavano alcuni denti, ma nonostante questo si vedeva che voleva essere fotografata. Dopo ogni acquisto, tornavo in ufficio con la borsa piena di frutta locale e il cuore pieno di allegria.
Nha Joana invece la considero una fonte di energia spirituale. Il giorno che sono arrivato a Sao Filipe ho notato una casettina con tantissime piante sul davanti, veramente tante. In mezzo a loro avevo scorto una signora che con tanto amore se ne prendeva cura. Durante i miei primi giorni, prima di andare a lavoro, timidamente passavo di fronte a questa bellissima casetta e sempre incontravo Nha Joana pronta a sorridermi e a salutarmi. Un giorno intravidi una pianta di basilico e le chiesi se potevo prenderne alcune foglie. Lei ne approfittò per parlarmi, farmi delle domande e togliersi qualche curiosità. Anche lei parlava solo il criolo ma, nonostante le risposte nel mio criolo stentato, si fermava a chiacchierare. Da quel momento in poi, ogni volta che passavo da lei, mi raccontava sempre qualche aneddoto, che il più delle volte non riuscivo a capire, e alla fine di ogni conversazione recitava una preghiera benedicendo me e la mia giornata. Passare davanti alla sua casa era diventata un’abitudine e, soprattutto nei giorni più difficili e tristi, vedere quel sorriso e sentire quelle parole, per me di conforto, mi trasmettevano forze per proseguire la mia giornata con allegria e serenità.